c’era una volta un amico… lontano, ma vicino

Pubblicato da Francesco Di Cunto il

di Fra di Cunto

Certe cose vanno fatte. Certe altre vanno fatte subito, altrimenti è tardi e perdi pezzi, idee, pensieri.
Io sono in ritardo, in ogni caso.
Allora visto che ormai è tardi facciamo di tutta l’erba un fascio, mescoliamo le cose, agitiamo e ci accontentiamo di quello che viene fuori.

Utilizzo per l’uso:
1. potete trovare cose che non vi interessano.
2. Non potete saltarle potreste perder il grandioso senso d’insieme che ho dato al sistema.
3. Il tempo è relativo, le cose si intrecciano.
4. Le sensazioni perse saranno sostituite con altre sensazioni false ma esagerate, tenete conto.
5. Non tutti i fatti sono realmente accaduti, ma questo vale per tutto.

Va beh iniziamo.

Arrabbiata, cordoli tricolori rapidi mi sfrecciano di fianco; non sarò Valentino ma cavolo se sono carico. Mi passano da tutte le parti, mi passa gente di qualunque sesso, razza, etnie, credo politico, tendenza sessuale, religione, provo ad attaccarmi ma niente non una scia che sia una, però sull’arrabbiata non ci provano nemmeno, il ginocchio che striscia, le scintille del carbonio sull’asfalto se il carbonio facesse le scintille e i più forti che provano a starmi dietro…
… poi c’è il rettilineo e il mio computerino pare la lancetta della benzina della Fiat 125 del ’67… la velocità cala rapida la gente riprende a passarmi.
Primo duathlon, cazzo se è divertente! Sprint, a tutta! voglio rifarlo, mi iscrivo al prossimo, li faccio tutti!! Gli italiani a Romano di Lombardia, iscritto!!

Non vedevo l’ora, la mattina è tutto pronto, stesse facce tirate, bici lucide, muscoli aitanti, oh quello mi ha dato la paga al Mugello… Si trepida dietro la linea di partenza, addirittura qualcuno sgomita… e quest’acqua che non vuole saperne di smettere di venir giù.

Il 2013 è anno nazionale del triathlon! Mi sono concentrato sulla mia frazione peggiore, incredibile a dirsi ma parlo del nuoto! Allenamenti durissimi, metodi tra i più raffinati e innovativi, alcuni prevedono anche l’utilizzo dell’acqua! Ore di galleggiamento nell’acqua calda per migliorare l’idrodinamicità e ripetute cene nelle migliori pizzerie di Sasòl per il reintegro di quanto perso. Niente mi può fermare, lo spazio che mi separava dalla massa indistinta di triathleti nella frazione natatoria sarà ridotta, che dico? sbriciolata! Sono ormai un Istiophorus platypterus volgarmente conosciuto come pesce vela. Così certo delle mie possibilità vado a ritirare il pettorale a Iseo e mi imbatto in un cartello difficilmente decifrabile. Ogni singola parola ha un senso, ma l’insieme mi sfugge: Muta vietata 🙂 e quel faccino che minghia mi rappresenta!!!??!?!
A Iseo non sono fortunato, così quando mi tuffo in lago come al Norseman ho già capito tutto. Mi fanno indietreggiare, solo io! Vai vai!! mi gridano minacciandomi con una corda bagnata come una banda di mafiosi albanesi e intanto gli altri partono.
Esco dall’acqua in un lasso di tempo che non ha la minima importanza, non conta nulla, sono vivo e tanto basta, mi hanno picchiato un po’ tutti, penso di aver subito diversi atti punibili ai sensi dell’artt. 609 bis e ss. del codice penale, mi hanno pure rubato il portafoglio… il 2013!

C’è una località vicino a Riccione, dirò che vi è nato Fellini, posso aggiungere che è il titolo di una delle più belle canzoni di De Andrè, che senza questa località Gigi e Andrea e Serena Grandi non sarebbero nessuno, ma non chiedetemi di nominare quel luogo. Sventura e sciagure a chi osa solo pensare quella parola nefasta! Lì si consumò la tragedia ultima, lì gli dei dell’olimpo si presero beffe di noi mortali, che a Troia (porca troia!) furono più magnanimi.
Quando arriviamo è una settimana che piove. Il mare nero ci aspetta facendo la voce grossa. Fingiamo di non curarci di tutto l’inverno che ci circonda e ci focalizziamo solo sui retaggi dell’estate che non c’è. La notte prima del grande giorno, dormo sereno con il cuscino sulla testa per non sentire gli infiniti colpi di questa fottutissima pioggia. La mattina dopo non è cambiato nulla era inverno, è inverno, sarà inverno.
Poi succede tutto, un tutto che somiglia a niente. Una decisione, il tempo che scorre, il telo di plastica calato come un sipario su questa tragedia.
Esco dalla zona cambio onestamente sollevato, con i pochi dubbi ancora nel cuore che vengono spazzati dal vento gelido. Mi guardo intorno come un lupo di mare, è tutto grigio, non un solo indizio di quello che avverrà.
C’è una località vicino a Riccione, un giorno di maggio c’è stata una gara e io ero iscritto, ma era inverno.
C’è una località vicino a Riccione, un giorno di maggio, in inverno, io non partii per una gara, quel giorno fu poi primavera e io in una località vicino a Riccione morii.

“D’ altra parte è assai meglio, dentro questa tragedia,
ridersi addosso, non piangere e voltarla in commedia.”

 

Io me lo aspettavo diverso il passo Manghen.
Duro, ma con un cuore, invece il cuore del Manghen lo lasci a Calamento, poi c’è solo da soffrire. A Calamento ho trenta metri da Ric, Tommy sta per riprendermi dopo essersi fermato per bisogni fisiologici (io ho vigliaccamente attaccato appeno l’ho visto armeggiare nel basso ventre). Non sono a tutta ma non è che possa aumentare chissà di quanto.
Nei primi chilometri pago l’alcool che non ho sudato la notte prima. Adesso so quanto dislivello posso fare con un litro di Teroldego, ma mi piacerebbe non saperlo. Sotto il sole di mezzogiorno sudo come non mai, salgo agile ma piano, Ric è sempre là, Tommy più avanti fa l’elastico, va si ferma, va si ferma. Quando torniamo nel bosco respiro un po’, per quanto sia possibile respirare su rampe al 13-15% di pendenza. Apprendo che il percorso non prevede più la doppia scalata del Manghen e in un attimo tutta la baldoria della notte prima scompare dalle mie gambe, il vino, il cibo che prima come un macigno mi inchiodava a terra spariscono.
Con un sorriso storto apprendo che Ric non sta bene e subito rivedo la scena che non mi lascia dormire da un mese a questa parte…

Dopo la disfatta subita in quella località vicino a Riccione decidiamo di affrontare il percorso lungo della Sportful. Legge del contrappasso. Mah… Non ripeterò numeri che tutti conoscono, ma che non rendono l’idea dell’immane impresa che sia completare il percorso lungo della Granfondo Sportful Dolomiti Race, non ripeterò la cantilena dei passi uno dietro l’altro, no dovete farla se volete avere l’idea di cosa vuol dire attaccare il passo Valles dopo X km e X metri di dislivello e quando si è in cima, stanchi, spossati, perfino increduli dover ancor…. Stop!
La scena che non mi lascia dormire è una scena che si ripete non solo nei miei incubi, ma è reale, molto spesso, solo dura meno.
Si tratta di questo. Ric che sulla prima rampa di una salita parte e va, guadagna facilmente cinquanta metri stantuffando sui pedali poi si volta, si ferma e si fa raggiungere buono buono, magari facesse così la Brina! (cane psicopatico con inclinazioni al suicidio N.d.A.)
Invece il 16 giugno dopo aver percorso diversi chilomtetri a 40 all’ora dimentichi di tutta la fatica fatta sul Forcella Franche, Passo Duran, Forcella Staulanza, Passo Valles e Passo Rolle (ops… l’ho detta!) attacchiamo la prima rampa del Passo Croce D’Aune Ric parte e non si ferma.
Ogni curva è una delusione non vederlo pedalare agile e piano voltato nell’attesa di essere ripreso. Le pendenze aumentano in modo assassino, quattro chilometri durissimi, ma di Ric si sono perse le tracce, mi auguro di trovarlo nel più classico dei fossi con la catena attorcigliata alla caviglia, ma nulla. Vado su bene, gente del luogo, fine conoscitrice di ciclismo mi indica con ammirazione per via della mia elegante e produttiva pedalata. Mi offrono da bere, una sistemazione per la notte, qualcuno mi mostra la giovane figlia timida e paffuta, ma io devo riprendere Ric, rifiuto i premi che il destino aveva fatto calare su di me e mi concentro sulla strada, riprendo Carlo, lo supero e stacco, un po’ mi spiace in fondo è merito suo se tra qualche chilometro completerò la Sportful, che impresa!! mi dico. La salita è irrazionale, quando pensi che non possa essere più arcigna ti sorprende, io mi rassegno Ric è vivo e vegeto ed è ormai andato… mi accontento di portar su la bici come meglio posso, vedo il tappeto per la rilevazione del chip come una delle immagini più gradite che ricordi, sono sollevato e felice, ce l’ho fatta solo discesa e il mio trionfo, potrei quasi nominare quella località adesso, adesso che nell’idea che ci eravamo costruiti siamo pari, redenti, di nuovo degni di rialzare la testa, orgogliosi di noi stessi! Ed eccola lì, questa immagine cruenta, Ric seduto alla meno peggio su un vaso di un’aiuola che aspetta, con mezza birra già bevuta… Mi sveglio sudato urlando numeri che penso siano i rapporti che avrei voluto e non avevo, tante, troppe notti ormai questa storia!

Al colpo di pistola una massa informe di uomini e altri uomini che si spacciano per gentil sesso in body aderenti e bagnati schizzano, schizzando acqua in una Romano di Lombardia (avessi detto che so Goteborg) più bagnata di sti pazzi. Io mi giro sul lato sinistro, tiro su le coperte fino alle orecchie e lievemente riaffondo nel sonno… Cazzo bello il duathlon, ma mica così tanto.
So di gente che è andata, gente che ha sofferto e ottenuto soddisfazioni, io resto dell’idea che anche il letto in certe situazioni è un opzione accettabile.

La piada è proprio buona. La birra meno. Fa caldo e nonostante questo io non sto correndo, sono a bordo strada e con le energie che non ho speso incoraggio chiunque. Su questo lungomare dove di solito uomini e donne si gettano ciechi nell’amore di una sera o di una settimana o di qualche ora, dove le speranze vengono esaudite oppure deluse, dove i miti nascono e muoiono, dove l’alta densità di ormoni nell’aria certe notti può fare male alla salute, io con i gomiti appoggiati a una transenna tracanno una birra quasi calda e guardo passare uomini 2.0 o ancora meglio che compiono i miei stessi gesti ma a velocità e con forza a me sconosciute. Illuminazione estrema, ammirazione e stupore prendono il posto di una delusione sì grande che non credevo potesse essere più dura della fatica. Qui vicino a Riccione….

Quando Ric mi dice che non riesce a fare tutti i watt che vorrebbe a me si accende la lampadina! Mancano sette chilometri e posso prendermi la mia rivincita. Il bravo (inteso in senso manzoniano) che è in me prende la meglio. Chiedo a bassissima voce se posso fare qualcosa, ma Ric non sente e non può sentire. Intanto accelero un po’. Poi farfuglio qualcosa che dovrebbe essere un ti aspetto?, ma suona così “ifartiemooo?” e faccio sì con la testa per creare confusione. Calo un dente. Quando in un tornante siamo lontani venti metri e ci ci incrociamo muovo solo le labbra con una faccia preoccupata e poi parto. Devo mettere spazio tra me e Ric adesso, è questo il momento. Ho chiesto se aspettarlo e ha detto di no… vado.
Cento metri avanti Tommy zigzaga vistosamente, quando sono vicino mi invita a fermarmi per prendere un caffè, io mi dico che se ho già le allucinazioni uditive adesso su mi portano con le bombole!, io declino gentilmente, ma lui insiste, se non mangio qualcosa vado in crisi di fame dice. Troppa grazia Sant’Antonio (aver fatto la maratona di Padova da finalmente i suoi frutti!!!) quindi uso una tattica collaudata, dico piano “vuoi una barretta?” e accelero ancora, poi faccio “vado su col mio passo, tanto mi riprendete” abbasso la testa e vado.
Guadagno subito molto. Non vedo nessuno alle mie spalle e, quindi, me li figuro mentre sorseggiano un caffè e azzannano dello strudel. Meglio!
Il Manghen è un taglio, segna la montagna e ne descrive la durezza. Strada stretta che punta inesorabile verso il cielo, però è onesto, non inganna, una salita franca che non ti promette momenti per rifiatare, io non sono riuscito ne a volergli male ne essergli grato per quei tornanti che ti incitano ad andare avanti. Lo accetti, sono fatto così sembra dire.
Mi guardo in giù e li vedo procedere piano, saranno più in basso di un cento metri di dislivello, penso che non mi riprenderanno e continuo a salire guardando solo quanto dislivello mi metto alle spalle. A due chilometri e mezzo però mi sembrano molto più vicini. Spio in giù ogni volta che posso e quando vedo Ric solo comincio a preoccuparmi. Cavolo non posso farmi prendere da Tommy che ha fatto pure la pausa caffè! Metto il 25… per trenta metri, poi lo tolgo e vado di nuovo di 28 che è tanto amichevole… ultimi cinquecento metri, dopo l’ultimo tonante c’è un rettilineo che andrà su con un monotono 11/12%, mi giro e Tommy esce dal tornante sui pedali. Cavolo accelero e stavolta provo a tenere il 25 fino alla fine… due curve e il passo Manghen si risolve in un cucuzzolo che precipita subito giù dall’altra parte, il cartello marrone con i suoi centinaia di adesivi mi da il benvenuto insieme a ciclisti e motociclisti che si fotografano a vicenda per dare sfogo al loro esibizionismo, non vedo l’ora di farlo anch’io!
Tommy arriva arrancando e non smette di provare a scalare ogni masso che trovacon la sua mtb, Ric arriva più tranquillo, parla ancora di watt…

Non si sono fermati per il caffè.
Facciamo le foto. Con le nostre inutili magliette bagnate fradice!

Invece a Feltre eravamo asciutti con sorrisi ebeti e gambe stanche, la pancia piena di tutta la coca cola che siamo riusciti a bere ai ristori. Felici alziamo un braccio sotto la scritta 12:00:04, finita la Sportful, e quando ci penso sorrido ancora e penso al Duran e alla sua discesa assassina, ai ristori affollati, alla solitudine dopo il bivio del lungo, alla durezza del Valles e alla voce dello speaker che ci avvertiva di non fare il lungo se non preparati, alla pioggia in discesa sul Rolle, ai chilometri a 40 all’ora in pianura, al Croce D’Aune… e agli ultimi chilometri tranquilli e gustare il sapore dell’impresa, che potrebbero durare per sempre quei chilometri.
Adesso siamo pari secondo una stupida legge di compensazione che ci siamo dati. Lo so una non cancella l’altra, ciò che è stato è stato, di vero c’è che non tutto il male viene per nuocere.
A.D. 2013, inutile fare programmi.

NdA: tutti conoscete la congiuntura economica che sta attraversando il paese, tutti sapete che sono sempre a corto di danaro, sì danaro perché quella A da la giusta importanza alla materia.
Chiunque mi conosca da più di un paio di mesi, saprà, che chiunque vanta un credito nei miei confronti ormai. Visto quanto sopra mi vedo costretto a richiedere per le mie prestazioni un piccolo compenso.
Quindi da oggi potrete leggere la prima parte dei miei resoconti gratuitamente sempre su Skomed, per la seconda parte dovrete versare una piccola somma: 3 euro.
Sento un vociare che non mi piace. Preciso che:
a. le seconde parti saranno sempre e largamente migliori delle prime, che resteranno comunque appetibili e gustabili per spingervi a comprare la seconda.
b. l’idea in un certo qual modo me l’ha fatta venire Paola, quindi colpa sua.
c. il prezzo è un po’ alto ma l’amministratore del sito prende una parte ragguardevole.
d. dovete pagare sulla mia postpay, ma visto che minimo si versa 5 euro pagate multipli di 3 così andate pari.
e. se non pagate siete scrocconi e “poveretti” quasi come me!